a

Facebook


Copyright 2018
Associazione Forense Nazionale Italiana

Editoriale

Il 30 Settembre 2018 nasce l’Associazione Forense Nazionale Italiana ( A.F.N.I.)


Perché Noi…?!

Le associazioni forensi non nascono, quantomeno non dovrebbero nascere, per contrapporsi pregiudizialmente alle istituzioni ma ne dovrebbero essere un valido ausilio e, nel contempo, però un attento vigile pronto ad intervenire – senza timori di sorta – per evitare comportamenti non corretti e distorsioni in danno della propria categoria ma anche dei singoli associati a cui deve fornire supporto.
Al di là del fatto che una buona idea rimane sempre una buona idea, a prescindere da chi provenga, il concetto di voce “unica” non sempre ha un valore positivo così come, specularmente, il “frazionamento” o le “mille anime” dell’avvocatura non necessariamente hanno un contenuto negativo.

L’esistenza di una pluralità di formazioni, a cui corrisponda una pluralità di idee e proposte, è sempre un arricchimento per l’interlocutore che dovrà operare la sintesi e che quindi avrà davanti a sé un quadro complessivo quanto più esaustivo delle varie problematiche che lo indurranno ad operare una scelta piuttosto che un’altra.

Il quadro cambia totalmente ove alla pluralità di formazioni non corrisponda una pluralità di idee e proposte ma invece vi siano delle formazioni portatrici non di idee ma di interessi particolari o di piccini personalismi o di soggetti vogliosi di protagonismo: questo è il vero vulnus che oggi rende poco credibile il variegato mondo dell’associazionismo forense.

Qualcuno riterrebbe di voler utilizzare l’associazionismo come corsia preferenziale per entrare nelle istituzioni, precostituendosi una base elettorale ed usando gli associati al proprio fine, non essendo, autonomamente, in grado di ottenere una regolare elezione in una normale e democratica competizione: per questo nel nostro Statuto abbiamo prescritto l’incompatibilità (art. 30) delle cariche apicali dell’Associazione con l’elezione, perfino con la candidatura, nei vari organismi istituzionali di categoria.

L’associazionismo è cosa diversa e speculare all’istituzione.

Non vi può essere coincidenza neanche nelle aspirazioni.

Verrebbe meno proprio la funzione, il prestigio e l’autonomia dell’associazionismo che sarebbe ridotto a mero strumentale parcheggio di personaggi insoddisfatti.

La mistificazione del concetto che per “incidere” bisogna essere all’interno delle Istituzioni non è condivisibile.

Le associazioni libere, l’azione politica libera, possono incidere (anzi è proprio nel loro DNA) con la qualità e credibilità della loro attività.

L’effettiva rappresentatività di una significativa parte dell’avvocatura, la democraticità degli statuti, la pubblicità dei bilanci delle associazioni, la turnazione delle cariche apicali, l’autonomia ed indipendenza (di fatto e morale), la competenza e tempestività nell’intervento politico, sono i presupposti di una credibile azione politica complessivamente svolta dalle associazioni.

Un’associazione che non funziona è un “guasto” che deve preoccupare tutti, anche i non aderenti, poiché essa propala argomentazioni in nome di indeterminati soggetti ma facendosi portavoce della classe forense, minando le fondamenta stesse della credibilità del mondo associazionistico e della dignità dell’Avvocato e della sua funzione.
Per poter comprendere la portata reale di questa funzione occorre tenere presente che le associazioni vengono compulsate dagli organi istituzionali (regolamento CNF 16.7.2014 n. 4 art. 3), partecipano ai tavoli istituzionali per modificare o innovare gli istituti che ci riguardano e che ci governano come categoria: non è cosa da poco!
Si tratta di poter incidere immediatamente su ciò che modificherà la quotidianità di ciascuno di noi.
Per questo è necessario un controllo serio e reale sulle associazioni, sulla loro effettiva rappresentatività, a tutela della credibilità della comunità forense.
Ecco l’importanza della funzione politica dell’associazionismo e la necessità di un controllo vero, reale e puntuale, peraltro cosi come voluto dalla normativa vigente (art.1 n. 3, art. 35 lett. S, L. 247/2012; regolamento CNF 16.7.2014 n. 4 art. 3) testimoniando come il legislatore, certamente con l’intervento delle istituzioni forensi, si sia reso conto della necessità di normare tale problema percependone la reale importanza.
La necessità di partecipare e di rapportarsi nel mondo associativo è fondamentale se vogliamo essere concreti e consapevoli protagonisti del nostro quotidiano e del nostro futuro.
Non è più il tempo di trincerarsi nel proprio orticello pensando che tanto ciò basta: no ciò non basta.
E non basta, non solo perché le decisioni prese dalla Istituzioni (Ministero della Giustizia, Cassa Forense, Ministero dello Sviluppo Economico, MEF, CNF, COA…) immediatamente si ripercuotono sull’ “orticello” di ciascuno di noi abbattendo, d’un colpo, la recinzione e travolgendo ciò che ci sta dentro, ma perché ciò rappresenta anche una possente interferenza nella scelta professionale e, prima ancora, di vita di ciascuno di noi. Dopo non serve abbaiare alla luna. E’ prima che bisogna impegnarsi e partecipare ed intervenire.
E’ prima che bisogna avere il coraggio e trovare il tempo e perdere tempo per battersi (chè poi, in definitiva, quando si lotta per le proprie idee, per il proprio futuro, il tempo non è mai perduto).
Il colpevole disinteresse, il pensare che tanto ci pensano gli altri, il lasciare da soli i rappresentanti dell’associazione, il delegare – abdicare – a qualcun’altro il nostro futuro astenendoci perfino dalla verifica, è una grave omissione, ancor più grave se volete – poiché priva di dignità la vita stessa di ciascuno di noi, ed inficia il senso di una scelta spesso fatta ancor prima dell’Università, che è stata una scelta di vita prima ancora che professionale. Una scelta che non può essere adombrata facendoci diventare imprenditori: francamente non mi sento un imprenditore, il mio fine non è realizzare un utile ma tutelare i diritti violati del mio Assistito, e non mi sento neanche un mercante poiché non vendo servizi e non mi sento neanche un mercenario perché è la passione che anima il mio dire ed il mio fare non il danaro. E’ del tutto ovvio che rimane integro il diritto alla giusta remunerazione della propria opera professionale.
Il prestigio, l’orgoglio di questa scelta, l’evoluzione del futuro di ciascuno di noi, non è né mercificabile nè sacrificabile e neanche contrattabile, e solo la passione che sta a fondamento della nostra scelta può giustificare tante trepidazioni…incomprensibili a chi non esercita la nostra funzione!
L’attività delle associazioni, come comunità-gruppo di Colleghi, si concretizza anche nell’intervento sulle difficoltà, sugli apparenti “piccoli impicci” con cui ci scontriamo quotidianamente.
Non dobbiamo assuefarci a ciò che svilisce la nostra Professione e a ciò che ci avvilisce nel corso delle nostre mattinate davanti ai Giudici di Pace, nei Tribunali o nelle Corti o davanti ai Mediatori, nei rapporti con i Colleghi e con i Magistrati, con i Funzionari delle cancellerie…dobbiamo opporre ogni resistenza perché il decadimento professionale in atto non è ineludibile ma è arginabile da ciascuno di noi come singolo e come associazione.
Occorre una reazione comportamentale dei singoli che, nel loro complesso, diventa inevitabilmente di categoria; che ripristini il prestigio e la responsabilità della nostra attività rapportandoci con i nostri quotidiani interlocutori con la consapevolezza dell’alta funzione che stiamo svolgendo. Per questa ragione abbiamo ritenuto di coinvolgere ed accogliere nella nostra Associazione anche tutte quelle competenze e professionalità collaterali al mondo dell’Avvocatura ma interne al mondo della “giustizia” (cancellieri, funzionari ed operatori di cancelleria, CTU, commercialisti, consulenti del lavoro, notai ecc.) con i quali va sviluppato non solo un dialogo ma una vera e propria sinergica quotidiana collaborazione (art. 3, lett. “n” e art. 4 dello Statuto).
Va rivalutata ed esaltata la capacità di intervento dell’associazione laddove si manifestano condizioni concrete di aggressione alla dignità della funzione, che sono anche le, apparenti, piccole cose ma indicative di un retropensiero che va stigmatizzato ed estirpato: il modo di svolgersi delle udienze, le stanze sovraffollate che non consentono un equilibrato dibattito fra avvocati e magistrato, le incongruenze del PCT, rinvii dai tempi inaccettabili, gli accessi negli uffici giudiziari e la carenza di personale, il trattamento riservato da taluni agli avvocati, talvolta trattati con sufficienza, se non con disprezzo.

Ma bisogna metter mano alla concretezza. Bisogna porre fine all’indiscriminato accesso alla professione forense quale rimedio residuale per chi ha fallito il concorso per tale ente o per il notariato o altro…. Bisogna porre dei paletti all’Università fissando un triennio comune a giurisprudenza e poi diversificando il successivo biennio fra chi vuole intraprendere la professione notarile, chi la professione del magistrato, chi si vuole proporre alle dipendenze della p.a. e chi vuole essere un Avvocato. A quella età si è già in grado di fare una scelta consapevole e responsabile.

Ma ciò non toglie che bisogna pure metter mano alla situazione di circa 240.000 avvocati che oggi lamentano gravi problemi reddituali. Bisogna metter mano a strumenti di supporto del reddito (magari con l’ausilio di Cassa Forense) e fare una guerra senza quartiere a chi evade.

Per fare questo – ed è possibile ed alla nostra portata – è necessario divenire parte attiva e propositiva del sistema: gli ignavi con la loro assenza ( e sono la maggioranza) hanno determinato la crisi profonda che stiamo attraversando come categoria.

E’ una “chiamata alle armi “questa: è vero!

Bisogna partecipare come numero e come contributo di idee per dare forza ad una maggioranza che per pigrizia ed indolenza si fa governare supinamente da una minoranza che palesemente non ce la fa a dare risposte concrete ed efficaci. UNA MINORANZA CHE GOVERNA UNA MAGGIORANZA (lagnosa e silente)!!… diamo voce a questa maggioranza, facciamo sì che l’enorme valore di idee e proposte che certamente albergano in questa maggioranza di Professionisti possano portare al rinascimento dell’Avvocatura Italiana con un contributo propositivo e non disfattista ed autolesionista. Salviamo ciò che c’è di buono inventiamo il nuovo costruendo sulle salde fondamenta del passato.

Gli Avvocati non ci dobbiamo arrendere; non dobbiamo entrare nel numeroso stormo starnazzante (perché ormai le cose van così); c’è una possibilità ed una via di riscatto, di risorgimento; per questo ci dobbiamo riappropriare non solo di quel sogno, motore e senso di vita, ma di una funzione (per cui diedero la vita Fulvio Croce, Giorgio Ambrosoli, Serafino Famà e tanti altri Avvocati) che – insieme – sono stati il motivo della scelta di una vita e che giustifica i tanti sacrifici che quotidianamente e nella solitudine facciamo: sacrifici e tensioni non quantificabili economicamente, ignoti ed incomprensibili ai non addetti ai lavori, ma ri-compensativi di una passione che scomparirà con l’ultimo Avvocato insieme alla Giustizia ed alla Libertà.

Ebbene Collega, proprio a Te che hai impiegato il Tuo tempo ed hai avuto la voglia di leggere fin qui….è proprio a Te che rivolgo il mio invito. Se hai voglia di reagire e proteggere la Tua scelta puoi unirti a noi per darci e darti sostegno con l’apporto delle tue idee.

Insieme possiamo fare tante cose serie e pure divertendoci.

Insieme è possibile e comunque ne vale la pena.

Avv. Enrico Calabrese – Presidente Nazionale A.F.N.I.