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Associazione Forense Nazionale Italiana

PROPOSTA DI RIFORMA DEL CPC

Una nostra ipotesi sulla riforma del CPC

Immagino una citazione con termine minimo per comparire di 150 giorni e un termine massimo di 180 giorni.

Dopo la notifica il convenuto avrà 40 giorni di tempo per depositare una memoria in cui formula eccezioni preliminari o pregiudiziali (documentali), intese in senso atecnico ovvero qualunque circostanza che possa immediatamente definire il processo senza necessità di istruttoria o senza entrare nel merito, oppure chiedere di chiamare un terzo in causa. La memoria dovrà essere notificata a controparte. Controparte potrà entro dieci giorni replicare.

Il giudice entro i dieci giorni successivi con ordinanza dovrà provvedere su tali eccezioni o richiesta senza necessità di comparizione delle parti.

Ove fosse autorizzata la chiamata di terzo il giudice d’ufficio sposterà l’udienza per consentire al terzo di costituirsi assegnando il termine di gg. 90 dalla notifica con udienza fissata al 90° giorno successivo. In tal caso il convenuto dovrà notificare la memoria e l’ordinanza all’attore entro trenta giorni oltre che – ovviamente – al terzo.

L’ordinanza dovrà essere reclamabile al collegio.

Il reclamo sospenderà i termini di costituzione del convenuto.

Il convenuto dovrà costituirsi 30 giorni prima dell’udienza fissata in citazione e procedere – ove già richiesto ed autorizzato – a chiamare in causa il terzo.

A questo punto si possono verificare due ipotesi:

  1. se non v’è chiamata di terzo cinque giorni prima dell’udienza l’attore potrà replicare alla costituzione del convenuto.
    Alla prima udienza le parti potranno specificare ed integrare le difese a verbale o i mezzi istruttori ed il giudice andrà in riserva per decidere sulle richieste istruttorie o rinviare per pc.
  2. Se vi è stata chiamata di terzo l’attore principale o il convenuto-chiamante avranno 40 giorni di tempo per depositare una memoria in cui formulano eccezioni preliminari o pregiudiziali (documentali), intese in senso atecnico ovvero qualunque circostanza che possa immediatamente definire il processo senza necessità di istruttoria o senza entrare nel merito.
    Controparte potrà entro dieci giorni replicare.
    Il giudice entro i dieci giorni successivi con ordinanza dovrà provvedere su tali eccezioni o richiesta senza necessità di comparizione delle parti.
    L’ordinanza dovrà essere reclamabile al collegio.
    Il reclamo sospenderà i termini di costituzione del convenuto.
    Cinque giorni prima dell’udienza l’attore o il convenuto chiamante potranno replicare alla costituzione del terzo convenuto.
    Alla prima udienza le parti potranno specificare ed integrare le difese o i mezzi istruttori a verbale ed il giudice andrà in riserva per decidere sulle richieste istruttorie, sull’opportunità di nominare un ctu o rinviare per pc.
    Ovviamente se il giudice avrà ritenuto fondate le eccezioni preliminari o pregiudiziali del convenuto la causa potrà essere immediatamente decisa alla prima udienza previo invito alle parti di precisare immediatamente le conclusioni in udienza.
    Quindi nessun termine 183 dovrà più essere assegnato e andrà disposto che conclusionali e repliche vengano depositate prima dell’udienza di pc con i noti termini ante riforma.In relazione alle proposte di modifica ministeriali, che ritengono condivisibili e corrette ( come mai prima d’ora si era verificato e da tempo auspicato ) suggerirei le seguenti riflessioni:1. in caso di separazione consensuale o divorzio congiunto confermare o prevedere la possibilità dei trasferimenti immobiliari in seno agli accordi esentandoli da ogni tassa o imposta anche innanzi all’Ufficiale dello stato civile.2. stabilire che allorchè l’avvocato abbia raccolto testimonianze al di fuori del processo la controparte abbia – al pari del giudice – la facoltà di chiedere che i testimoni o il testimone venga ri-ascoltato in udienza.

Il giudice potrà rigettare tale richiesta motivando.

L’ordinanza sarà soggetta a reclamo al collegio.

INOLTRE

  1. in relazione all’accertamento patrimoniale, nel giudizio di esecuzione, stabilire che l’ufficiale giudiziario potrà ( DOVRA’ su richiesta di parte ) SOTTO LA PROPRIA PERSONALE RESPONSABILITA’ IN RELAZIONE ALLA COMPLETEZZA E VERIDICITA’ DEI DATI, dar conto anche dei trasferimenti avvenuti contro il debitore nei cinque anni antecedenti la richiesta e risultanti dai pubblici registri e nel pignoramento presso terzi, il terzo nella dichiarazione dovrà indicare se vi sono stati trasferimenti di somme o estinzione di rapporti nei trenta giorni antecedenti la notifica del pignoramento e fino al momento del pignoramento.

4. Non sono d’accordo che nel giudizio di appello la parte non possa più introdurre nuove deduzioni in diritto per dimostrare la fondatezza delle proprie ragioni che non siano state esplicitate in primo grado. Mi pare un grave vulnus difensivo che, a ben vedere, riguarderebbe più il giudice che non ha le colte – ancorchè non rappresentate dalla parte – che la difesa.

Inoltre appare veramente opportuno abolire l’udienza-filtro in appello, illogica e priva di sostanziali giustificazioni. Peraltro – ove si ritenesse di mantenere in vita tale norma – sarebbe oltremodo necessario sancirne la ricorribilità in cassazione restituendo alle parti un elemento di giustizia e difesa gravemente leso.

  1. In relazione alla magistratura onoraria (con particolare riferimento al giudice di pace) bisognerebbe prevedere una sorta di controllo sulle loro ordinanze laddove macroscopicamente errate o contra legem: lo strumento potrebbe essere anche in questo caso il reclamo al collegio della prima sezione del tribunale competente per territorio (o altra tabellarmente individuata), per non lasciare le parti in balia di un potere incontrollabile se non tardivamente con l’appello (e semprecchè sia possibile in rito).
  2. Inoltre nella riforma sarebbe opportuno prevedere (recte: ripristinare) la possibilità del ricorso al collegio del tribunale avverso le ordinanze del giudice e in particolar modo in questi casi:

– avverso l’ordinanza del g.i. in caso di separazione o divorzio nell’ipotesi che modifichi l’ordinanza presidenziale.

– avverso il diniego di mezzi istruttori.

Il reclamo al collegio sarebbe un utile mezzo deflattivo della rinnovazione dell’istruzione in appello oltreché un presidio a salvaguardia della correttezza processuale, anche in relazione agli effetti delle ordinanze comunque perduranti nel tempo, e comunque l’eventuale abuso sarebbe sanzionabile con l’applicazione dell’art. 96 cpc.

Appare altresì opportuno, al fine di non vanificare il condiviso intento di abbreviare i tempi processuali, che si pensasse ad un meccanismo teso a monitorare i tempi impiegati dal giudice tanto nell’emettere l’ordinanza sulle eccezioni preliminari o pregiudiziali, cui sopra facevo cenno, quanto nel fissare le udienze successive alla prima anche con riguardo alle motivazioni che giustificherebbero la necessità di una ulteriore udienza.

E’ possibile immaginare un sistema di controllo e segnalazione automatico delle anomalie processuali.

Per esempio posto che un’udienza non dovrebbe essere rinviata ad oltre tre mesi, laddove ciò accadesse, il cancelliere, d’ufficio, potrebbe aver l’obbligo di segnalarlo immediatamente ad un organo deputato alla vigilanza sull’effettività dell’applicazione della riforma che abbia potere di verifica e controllo.

Stessa segnalazione dovrebbe avvenire laddove una causa superasse il numero massimo di udienze che si ritiene possano assorbire tutta l’attività processuale (per esempio: 5).

Sarebbe altresì opportuno stabilire che il giudice non potrà accogliere richieste delle parti – ancorchè concordi – di rinvii ad altre udienze per nessun motivo o, tutt’al più, per una sola volta.

7.  il ricorso innanzi la Suprema Corte di Cassazione non sospende l’efficacia esecutiva della sentenza impugnata; l’art. 373 c.p.c. prevede la possibilità, per il ricorrente, di chiedere la sospensione dell’efììcacia esecutiva della sentenza “al medesimo” giudice che l’ha emessa; tale previsione appare inopportuna stante che lo stesso giudice che ha emesso la sentenza dovrebbe, a brevissima distanza di tempo, ammettere – ancorché implicitamente – il proprio errore accogliendo la richiesta e quindi verosimilmente tale rimedio cautelare è destinato ad avere scarsa applicazione con pregiudizio del diritto dei Cittadini.

Inoltre appare insufficiente indicare in tale norma solo la “sentenza” posto che possono essere impugnati in Cassazione anche altri provvedimenti che non sono sentenze ( per es. l’ordinanza che in corte d’appello conclude il giudizio disciplinare notarile, art. 26 Decreto legislativo 01/09/2011 n. 150 che rinvia al procedimento di cognizione sommaria – art. 702 bis c.p.c. – e quindi si conclude con un’ordinanza, non con una sentenza, contro cui è comunque ammesso il ricorso per Cassazione). Si potrebbe ovviare a tali incongruenze sostituendo la parola “sentenza” con “provvedimento” e prevedendo che l’istanza venga delibata non dallo stesso giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, ma  da altro giudice o da altro collegio, del medesimo ufficio. Si propone quindi di modificare l’art. 373 c.p.c. nel seguente modo: 1.    sostituire la parola “sentenza” contenuta nel capoverso con ”provvedimento”,  cancellare le parole ” che ha pronunciato la sentenza impugnata” contenute nel primo comma; aggiungere il seguente comma “ L’istanza sarà delibata da giudice o da altro collegio del medesimo ufficio di cui non potrà far parte il relatore del provedimento impugnato”.

Tali modifiche renderebbero più credibile l’effettività della norma togliendo ogni sospetto di “autotutela” nei confronti di chi ha emesso il provvedimento impugnato (che potrebbe essere anche in buona fede convinto della bontà della propria decisione e quindi non sarebbe comunque imparziale nella decisione).

Ed ancora:

– nei procedimenti camerali sarebbe opportuno stabilire un termine entro il quale il convenuto si deve costituire prima dell’udienza per far sì che il contraddittorio venga rispettato e senza nocumento per la celerità del procedimento.

– prevedere la reclamabilità dell’accoglimento dell’ATP anche prima che la CTU si svolga.

– i termini previsti nell’art. 183 c.p.c., VI comma, sono perentori e non derogabili (quindi neanche dal Giudice); accade che i predetti termini vengano a scadere anche nella vigilia di Natale o nella vigilia di capodanno (che non sono considerati giorni festivi) o comunque all’interno di tale periodo; le stesse osservazioni valgono per i termini previsti dall’art. 190 c.p.c. (anche se questi pur essendo modificabili dal Giudice non sempre ciò viene fatto essendo discrezionale). Ciò rappresenta un ingiusto ed inutile balzello a carico degli Avvocati che si vedono costretti a sacrificare le vacanze natalizie di cui godono tutti i cittadini per adempimenti che peraltro non hanno alcun connotato d’urgenza stante che, come spesso accade, le udienze successive a tali adempimenti sono calendarizzate a parecchi mesi avanti, o addirittura anni. Non è neanche ipotizzabile un deposito anticipato di tali atti stante che tale ipotesi potrebbe essere inopportuna nell’ottica della strategia difensiva e comunque comporterebbe la restrizione dei termini concessi all’Avvocato per poter svolgere la propria attività difensiva. E’ di tutta evidenza che sospendere tali termini –in corrispondenza del periodo natalizio- non comporterebbe alcun aggravio dei tempi processuali e non avrebbe alcun costo per la collettività e migliorerebbe la condizione dell’attività professionale dell’Avvocato. Pertanto si potrebbe introdurre tale semplice modifica aggiungendo all’art. 1 della Legge 7.10.1969 n. 742 il seguente comma: “La stessa disposizione si applica a tutti i termini processuali scadenti fra il 24 dicembre e il 2 gennaio successivo di ogni anno”.

Vi ringrazio per l’attenzione e spero così di aver contribuito all’avvio di un concreto confronto.

Buon lavoro a tutti.

Avv. Enrico Calabrese  – Presidente Nazionale A.F.N.I.

 

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