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Avv. Valeria Furnò * – Consigliere Nazionale dell’A.F.N.I. – il DDL Pillon- Riflessioni

DDL Pillon

                                                          di Valeria Furnò *

 Il DDL 735 (così denominato) ha sollevato  e solleva molti dubbi e preoccupazioni specie in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia alla bigenitorialità.

Si è detto tutto o quasi sul NO di questa riforma e che, dal Nord al Sud, si riduce in un giudizio univoco:  una riforma, arrabattata e malfatta,  che mette al centro l’interesse dei genitori e non quello del minore, determinando come unico effetto concreto e assolutamente intollerabile, lo “sballottamento” dei figli da un genitore all’altro.

I figli non sono pacchi !

In sintesi i punti essenziali:

-Tempo diviso a metà tra mamma e papà, salvo diverso accordo;(Sarebbe logico comprendere in che modo l’affido condiviso può manifestarsi attraverso una suddivisione del tempo, da valutare caso per caso e non rinviando a norme di legge che, inevitabilmente, creerebbe ulteriori conflitti).

-contributo diretto alle spese del figlio:  iniquo e diseducativo; iniquo  poiché,  nel caso di redditi differenti tra i coniugi,  non verrebbe tutelato la parte piu’ debole così come avviene oggi, per le spese straordinarie ripartite in percentuali diverse; diseducativo poiché mette contro figli e genitori, poichè è evidente che ove il figlio ritenga insufficiente il contributo per il suo mantenimento da parte di uno dei due genitori, ovvero reclamasse che uno dei due genitori fosse inadempiente, la legittimazione attiva spetterebbe al figlio e non più al genitore “collocatario”, che funge da filtro fra genitore inadempiente e figlio; fenomeno ben più evidente nel caso di figli maggiorenni, ma non autosufficienti, i quali hanno preteso il contributo diretto in loro favore da pare del genitore obbligato o, direttamente da parte dei giudici, ex art. 337-septies c.c. (pur condividendo con l’altro la convivenza e creando spesso problemi di compartecipazione alla spesa ed all’economia complessiva del mènage famigliare).

-mediazione familiare per le coppie ad alta conflittualità (tema dolente che affronterò di seguito);

-contrasto alla c.d. “alienazione familiare” (quando un genitore allontana il figli dall’altro).

Esperti di diritto e diverse associazioni hanno criticato questo Disegno di legge puntando l’attenzione su dinamiche familiari caratterizzate da violenza domestica.

L’articolo 7 del disegno di legge dispone che una coppia con figli minorenni che voglia separarsi debba per legge (pena l’improcedibilità) iniziare un percorso di mediazione familiare.

Chissà cosa pensava Pillon quando, sottoscriveva il principio secondo cui :” il ddl nasce dall’esigenza imprenscindibile di fare in modo che il conflitto familiare non arrivi in tribunale”, cercando di fare in modo che papà e mamma raggiungano un accordo sulla gestione dei minori prima di arrivare in tribunale e poi aggiungeva “

Indipendentemente dai rapporti intercorrenti tra i due genitori- il tempo trascorso con i figli minori debba essere equamente diviso”.

Quindi, secondo Pillon, i coniugi, prima tentano di trovare un accordo e se non lo trovano (dopo almeno 10 incontri col mediatore a pagamento) ritornano dal mediatore (con altri incontri sempre a pagamento) fino a quando non si accordino (sempre che l’accordo arrivi).

Cerchiamo di spiegare meglio tutti questi principi partendo, innanzitutto, dal fatto che ogni volta che ci si interroga sui motivi che spingono le persone a porre fine a un rapporto di coppia, le risposte tendono a sottolineare i motivi di insoddisfazione, i rancori, le delusioni accumulati nel tempo, la scoperta di inganni o di tradimenti, il distacco affettivo, la perdita di interessi comuni e altre motivazioni possibili.

Tutti questi aspetti sono pertinenti e significativi nella comprensione del processo che conduce alla decisione di interrompere un rapporto di coppia: sia la descrizione degli aspetti formali e interattivi, sia l’attenzione ai vissuti personali, sia il riferimento al venir meno di una progettualità condivisibile rappresentano le condizioni che ricorrono in tutti i contributi della letteratura in merito alla definizione della crisi di coppia e del suo evolversi in separazione.

All’interno del rapporto di coppia il piano delle richieste fa riferimento alla dimensione esplicita della comunicazione, sia essa verbale o non verbale, che avviene sulla base di codici condivisi, di un’accettazione di fondo dell’altro come soggetto, della certezza di un legame che non viene rimesso in discussione in ogni scambio interattivo.

Al tempo stesso, la richiesta fa comunque riferimento a una progettualità, a una possibile ridefinizione delle regole del rapporto, in quanto può presentarsi come elemento di novità rispetto agli elementi acquisiti di condivisione o riguardare aree di particolare pregnanza nella definizione del rapporto stesso (lavorativa, genitoriale, sessuale).

Esistono differenti modelli di mediazione familiare (strutturata, sistemica, negoziale).

Uno dei principi fondamentali su cui si basa il modello di mediazione negoziale è il concetto di normalita’ del conflitto. Il conflitto è naturale, non deve essere connotato negativamente o positivamente; semplicemente esso esiste ( Haynes e Buzzi, 1996; Erikson e Mcnight,1994).

La mediazione negoziale è un processo di contrattazione globale centrato sugli aspetti pragmatici della separazione e del divorzio, in cui vengono affrontate sia le questioni relative all’affidamento dei figli, sia le questioni patrimoniali connesse alla rottura del legame coniugale e comprende diverse fasi:

l’ammissione del problema;

la scelta del campo (deve rappresentare per le parti il metodo di risoluzione del problema)

la selezione del mediatore;

la definizione del problema ;

la ridefinizione delle posizioni;

la contrattazione ;

la stesura dell’accordo.

E’ chiaro che, questo tipo di mediazione presuppone la ricerca di un equilibrio tra aspetti pragmatici e aspetti emotivi e relazionali (Lucardi, 1998) e che, pertanto, rappresenti la sfida per una piena considerazione delle competenze, intese come elemento in parte presente nel “qui e ora”, in parte a una fase potenziale e quindi da amplificare e rendere disponibile attraverso un lavoro di reciproca soddisfazione.

In conclusione, personalmente, ritengo che la mediazione familiare sia una opportunità significativa offerta a chi sta affrontando l’esperienza della separazione e del divorzio e si propone di sollecitare il mantenimento delle competenze decisionali e relazionali dei protagonisti della vicenda. E’ un percorso complesso che DEVE basarsi sulla libera scelta delle parti e non imposta obbligatoriamente, al tempo stesso in una posizione di affiancamento ma di autonomia rispetto all’ambito giudiziario..

Se lo scopo finale è quello di trovare un ACCORDO soddisfacente per sé e per i figli, sarebbe assurdo ipotizzare di poter applicare, il percorso di mediazione in contesti dove non  esistono i principi base di rispetto della persona umana…( mi riferisco ai casi di violenza domestica e di violenza assistita); sarebbe un’ulteriore inasprirsi della conflittualità e penalizzante  per chi, in quel contesto familiare, ha subito e subisce continuamente violenza.

Vorrei concludere con una citazione, per me significativa, di questo racconto di Francesco Canavelli e Marina Lucardi in”La mediazione familiare” (Bollati Boringhieri):

“Un signore che si era separato dalla moglie contro la volontà di quest’ultima e in modo drammatico, durante il corso della mediazione, quando le cose cominciavano ad andare meglio, le regalò un libro (Figli sereni di amori smarriti- Donata Francescato) e ne comprò una copia anche per sé. Dopo un po’ di tempo, durante uno degli incontri, si lamentò scherzosamente del fatto che, mentre lui aveva letteralmente divorato la sua copia, la moglie fosse ancora ferma alle prime pagine.

La signora rispose: “Vedi il fatto è che mentre tu sei già arrivato ai figli sereni, io sono rimasta ancora agli amori smarriti”.

Avv. Valeria Furnò –Mediatore Familiare- Torino-

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