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Associazione Forense Nazionale Italiana

COA CATANIA:UN’OCCASIONE MANCATA. Avv. Giovanni Ingrascì*


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UN’OCCASIONE PERDUTA

La pubblicazione della delibera del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Catania del 31 marzo mi ha indotto a formulare alcune riflessioni.
In breve, il Consiglio si è pronunziato sulla proposta di ridurre, per l’anno in corso, la quota d’iscrizione all’Albo, quanto meno in favore degli Avvocati non abilitati al patrocinio dinanzi alle Magistrature Superiori, nonché su quella di prorogare il termine per il pagamento della rata scadente il 31 Marzo.
La questione, come emerge dal verbale, è stata approfondita ed ampiamente discussa, e ciascuna delle tesi sostenute appare sorretta da logiche diverse ma del tutto coerenti.

Dalla parte degli oppositori alla proposta, si è ricordato e sottolineato come la chiesta riduzione avrebbe avuto un impatto significativo sulla situazione economica dell’Ordine, a fronte della quale il beneficio riconosciuto ai Colleghi (eventualmente) destinatari, sarebbe stato economicamente poco rilevante, tenuto anche conto dei servizi gratuiti già erogati dall’Ordine (come, ad esempio, la casella pec).

Dall’altra parte, si è sottolineata la valenza politica del gesto, destinato a confermare il sostegno, anche morale, che il Consiglio, all’interno dei propri compiti istituzionali, intende fornire agli iscritti, e si è sostenuto che gli importi necessari per l’erogazione del beneficio si sarebbero potuti recuperare attraverso alcune iniziative nei confronti del CNF e dalla riduzione (o eliminazione) dei contributi versati alla Scuola Forense.
Si è inoltre sottolineato che la riduzione, pur nella misura ridotta, avrebbe costituito un segnale forte, di condivisione, di conforto e di incoraggiamento nei confronti di tanti colleghi, in palese difficoltà a causa delle ben note vicende che stanno interessando l’intera classe forense e l’Italia tutta.
Come appare evidente, tutte le opinioni espresse sono sorrette da motivazioni efficacemente argomentate: in sostanza, il Consiglio è stato chiamato a pronunziarsi su quale valore ritenere superiore: l’appoggio morale (anche se poco significativo sotto il profilo economico) ai colleghi in difficoltà, o la conservazione di un equilibrio economico faticosamente raggiunto.
Il Consiglio, con una maggioranza non granitica, ma significativa, ha deliberato di non concedere la riduzione della quota d’iscrizione e di spostare la scadenza per il pagamento della suddetta quota al 31 Maggio.
In via preliminare, sul punto, occorre sottolineare che, in più passi della delibera, i Consiglieri presenti hanno fondato le proprie determinazioni sulla scorta di un “bilancio” che si assume (non essendo fornita nel verbale alcuna diversa indicazione) non avessero visionato ed esaminato con la necessaria completezza prima della seduta.
Ora, la definizione di “bilancio” è oggettivamente erronea, in quanto gli ultimi bilanci approvati (durante la permanenza del “vecchio” Consiglio, che operava in regime di prorogatio) erano il consuntivo del 2018 ed il preventivo del 2019: sicché è da ritenere che tutte le indicazioni contenute nel verbale facciano, in realtà, riferimento ad una situazione economico – patrimoniale relativa ad una (non meglio precisata) data.
A ciò è da aggiungere che, evidentemente, tale documento non era mai stato approvato dal Consiglio, né su di esso si era discusso: non si comprende, infatti, come sia possibile che alcuni Consiglieri abbiano ripetutamente affermato che le somme per la chiesta riduzione della quota vi fossero, mentre altri sostenevano che non vi erano sufficienti disponibilità.
Ancora oggi, pertanto, permane il dubbio in ordine all’esistenza di poste attive sufficienti a coprire la riduzione delle quote d’iscrizione e, pertanto, è possibile ritenere che l’assunzione della delibera, in assenza di un preventivo serio e completo esame della situazione patrimoniale, sia stata effettuata prematuramente ed in assenza degli indispensabili elementi di fatto.
A parte il surriferito aspetto (che non è sicuramente di poco conto), ritengo che la soluzione adottata, pur nella rispettabilità dei propositi, abbia privato il Consiglio dell’opportunità di consolidare i rapporti con la classe forense, quanto meno nella misura in cui ha dato maggior rilievo alle esigenze economiche, rispetto a quelle di solidarietà e tutela nei confronti dei Colleghi.
Voglio ricordare, a tal proposito, che tra i fini istituzionali dei Consigli dell’Ordine, rientra quello di tutelare il ruolo dell’avvocatura ed il miglior esercizio delle attività professionali, mentre il rispetto delle regole di bilancio (che pure costituisce un parametro di valutazione dell’efficacia e della correttezza dell’operato dei Consigli) costituisce la formalizzazione di un interesse sicuramente esistente ma, secondo me, deteriore rispetto a quello, primario, di tutela degli avvocati, del loro ruolo e del migliore svolgimento dell’attività professionale.
In tale ottica, forse sarebbe stato opportuno approfondire maggiormente il significato che la classe forense avrebbe riconosciuto ad un provvedimento di riduzione della quota d’iscrizione: in sostanza, si sarebbe percepita la valenza “politica” del gesto, destinato a manifestare, attraverso un atto formale, la seria volontà dell’Ordine di valorizzare, pur nella limitatezza delle risorse, il proprio ruolo e le funzioni di di tutela nei confronti degli iscritti.
Ciò senza considerare che esistevano amplissimi margini per una soluzione di compromesso, limitando, ad esempio, il beneficio a favore dei Colleghi che potessero dimostrare un sostanziale calo di fatturato rispetto al corrispondente trimestre dell’anno scorso (e concordando la soglia della riduzione percentuale), ovvero studiare ulteriori meccanismi volti ad individuare, all’interno della categoria, alcuni elementi idonei ad estrapolare le situazioni maggiormente bisognevoli di aiuto.
Giova ricordare, infine, che, pur in situazioni totalmente diverse, sono riscontrabili determinazioni assunte da altri organi rappresentativi e di governo: è di questi giorni la notizia che i ministri di alcuni Stati abbiano deciso di ridurre (ed in alcuni casi di dimezzare) i propri emolumenti.
È evidente che tale scelta non comporta alcun significativo mutamento nella situazione economica degli Stati governati (si tratta di un risparmio di poche centinaia di migliaia di euro che, se si considerano gli importi in gioco nei bilanci nazionali, rappresentano quote sostanzialmente prive di rilievo), mentre può assumere un significativo rilievo (in negativo) per i rappresentanti di governo: tuttavia, in questo caso, si è ritenuto opportuno porre in essere un gesto di solidarietà che, anche al di là della sua portata oggettiva, testimoniasse la compartecipazione alle traversie ed alle difficoltà affrontate dai cittadini, e la solidarietà della classe politica.
Non evidenzio, invece, che analoghi provvedimenti di riduzione della quota d’iscrizione sono stati adottati anche da altri CCOOAA: si tratta di Ordini che, forse, godono di una situazione economica più forte rispetto a quello di Catania, sicché il riferimento a queste diverse situazioni territoriali rischierebbe di essere non pertinente.
In sostanza, quindi, la scelta operata dal Consiglio dell’Ordine di Catania rappresenta, a mio modo di vedere, un’occasione perduta, che avrebbe, probabilmente (se non sicuramente), contribuito a rafforzare il legame che deve necessariamente esistere tra la base e gli organi rappresentativi.
La questione sollevata appare poi ulteriormente complicata dalla circostanza per la quale il Consiglio dell’Ordine di Catania ha sottoscritto l’istanza inviata da tutti gli Ordini della Sicilia al Consiglio Nazionale Forense, con la quale è stata chiesta la riduzione della quota annuale da versare al suddetto Consiglio Nazionale.
Se, per mera ipotesi dialettica (in quanto l’inerzia del Consiglio Nazionale Forense costituisce un dato difficilmente contestabile), venisse accordata la chiesta riduzione, il nostro Consiglio dell’Ordine verrebbe a trovarsi nella scomodissima situazione di godere di un beneficio che ha negato ai propri iscritti.
Meno giustificabile, invece, appare la decisione di prorogare il termine di pagamento della quota al 31 Maggio, in quanto occorre tenere conto che il termine per il pagamento è sicuramente non perentorio (stante l’assenza di sanzioni ed i molteplici passaggi amministrativi da assumere per richiedere il versamento tardivo) e, comunque, il suo spostamento è stato fissato ad una data troppo vicina a quella derivante dai provvedimenti governativi di proroga. La delibera, sotto questo profilo,  appare sostanzialmente priva di alcuna valenza.
In relazione a tale aspetto, appare più difficile comprendere la scelta operata dal Consiglio, al quale, forse, si potrebbe imputare un eccesso di “prudenza”, anch’esso potenzialmente non privo di riflessi negativi sul rapporto con gli avvocati.
Giova, da ultimo, sottolineare un ulteriore profilo idoneo a delineare il quadro generale della situazione economica del nostro Consiglio dell’Ordine.
In sede di approvazione del bilancio consuntivo del 2019 e del preventivo del 2020, presentati dal “vecchio” Consiglio dell’Ordine, si era evidenziato, da parte di alcuni partecipanti all’assemblea, che  rimaneva aperta la questione dei contributi versati dal nostro COA per il congresso di Catania e quello, straordinario, di Roma.
Gli importi richiesti a tale titolo dal CNF, e corrisposti senza alcuna contestazione, erano stati determinati secondo criteri contra legem, applicando importi determinati forfettariamente sulla scorta del numero degli iscritti di ciascun Ordine territoriale.
Tale modo di procedere è stato adottato in palese violazione dell’art. 7 dello Statuto Congressuale Forense, che fissa il principio per il quale i costi per l’organizzazione e la celebrazione del Congresso … sono sostenuti … dal Consiglio Nazionale Forense.
La medesima disposizione, poi, rimette a quest’ultimo organo, la determinazione del contributo annuale dovuto da tutti gli Avvocati iscritti ai vari CCOOAA, tenendo conto anche dei suddetti esborsi, mentre ai Consigli Circondariali compete contabilizzare e riscuotere le relative quote.
In sede di approvazione del bilancio, a fronte dei suddetti rilievi, venne semplicemente risposto che le somme erano state determinate sulla scorta di una prassi ormai consolidata, senza tenere conto delle disposizioni sopra ricordate.
Sul punto, tenuto anche conto della opportunità che il nostro COA operi al fine di recuperare  importi sicuramente dovuti, sarebbe auspicabile un’iniziativa volta alla definizione della vicenda, sollecitando il CNF a rettificare gli errori precedentemente commessi ed a rimborsare le somme a suo tempo ricevute.
Indipendentemente dai rilievi contabili (che sono stati richiamati semplicemente come esempio della possibilità di attivare procedure destinate al reperimento di ulteriori fondi), rimane, comunque, il dispiacere che deriva dalla constatazione che la scelta del Consiglio dell’Ordine di Catania, in un momento di particolare difficoltà, è stata quella di valorizzare un principio (sicuramente legittimo) di salvaguardia dell’economia di bilancio, ritenendolo più meritevole rispetto a quello di trasmettere un segnale forte di solidarietà e di appoggio agli Avvocati.

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Comitato Scientifico dell’Associazione Forense Nazionale Italiana



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