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CRITICITA’ E INCONGRUENZE FRA IL DEPOSITO TELEMATICO NEL PCT E LE NORME DEL CPC

PROFILI PROCESSUALI DEL DEPOSITO TELEMATICO E RISPETTO DEL CONTRADDITTORIO  – Avv. Gabriella Lamicela

La disciplina in materia di deposito telematico degli atti processuali ha sicuramente agevolato, sotto molti profili, l’attività del difensore, sia garantendo tempi sostanzialmente più ampi e più comodi per l’incombente (non più legato agli orari di apertura delle cancellerie), sia perché, una volta effettuato il deposito, per l’avvocato diventa estremamente più semplice rinvenire il documento nel fascicolo telematico, anche al fine di conservare la memoria dell’assolvimento dell’onere.

Nonostante tali aspetti sicuramente positivi, tuttavia, non si può non tenere conto del fatto come tale modalità di deposito apra il fianco ad alcune criticità strettamente connesse al rispetto dei termini processuali ed al corretto ed ordinato svolgimento del contraddittorio.

Sul punto giova premettere che la scansione temporale dei depositi effettuati tramite pec si articola in un procedimento composto da quattro fasi, tutte documentate da messaggi di posta elettronica certificata: si avranno infatti, la ricevuta di accettazione della pec da parte del sistema, l’attestazione di avvenuta consegna, il messaggio riguardante l’esito dei controlli automatici e quello, finale, del cancelliere che attesta l’avvenuta accettazione del deposito.

Normalmente le prime tre fasi sono abbastanza rapide: i messaggi di accettazione e consegna, di regola, vengono generati quasi contestualmente all’invio; quello riguardante l’esito dei controlli automatici, invece, può richiedere tempi moderatamente più lunghi ed intervenire, in alcuni casi, anche uno o due giorni dopo la consegna della pec.

L’ultimo messaggio, invece, è strettamente legato all’attività del cancelliere, che deve inserire la busta (con gli atti ivi contenuti) nel fascicolo telematico del processo.

Tale ultima fase, essendo legata ad un’attività “umana”, può richiedere anche diversi giorni, essendo legata alla materiale disponibilità del cancelliere che potrebbe, in ipotesi, essere oberato di lavoro e, quindi, ritardare ad effettuare l’inserimento nel fascicolo.

In tale situazione diventa determinante accertare in quale momento, per il depositante, possa ritenersi assolto l’onere del deposito.

Sul punto soccorre l’articolo 16 bis del D.L. 179/2012, per il quale “Il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del ministero della giustizia. Il deposito è tempestivamente eseguito quando la ricevuta di avvenuta consegna è generata entro la fine del giorno di scadenza”.

Forse, sotto tale profilo, sarebbe opportuno che il notificante si liberasse dall’alea di qualunque ritardo dal momento in cui ha inviato la mail (accettazione), analogamente a quanto avviene in materia di notificazione,  stante che tutte le operazioni successive esulano dal suo campo d’azione, e quindi sul punto sarebbe opportuno l’intervento del legislatore.

A maggior ragione laddove, quella del legislatore, si appalesa come una scelta particolarmente oculata, in quanto lega la tempestività del deposito alle attività materialmente poste in essere dal notificante e rientranti nella sua sfera d’azione, rendendo irrilevanti i tempi necessari per la generazione del messaggio relativo all’esito dei controlli automatici e quello, successivo, per la materiale accettazione da parte del cancelliere: sostanzialmente, pertanto, l’atto si considera compiuto allorquando il procedimento di deposito esce dalla sfera di controllo e disponibilità del depositante, e vengono in rilievo attività poste in essere da soggetti diversi (il sistema di controllo automatico ed il cancelliere).

I problemi relativi al deposito telematico, tuttavia, sono strettamente connessi al momento in cui l’atto diventa concretamente disponibile nel fascicolo telematico: tale momento, come detto, coincide con quello in cui il cancelliere inserisce l’atto nel fascicolo (momento che, come si è detto, può essere ampiamente successivo a quello nel quale viene generata la pec di consegna del deposito), ed è solo a seguito di tale attività del cancelliere che la controparte può esaminarne il contenuto.

In altri termini, esiste un margine temporale durante il quale l’atto è formalmente depositato (ed il depositante è perfettamente in regola con il rispetto dei termini processuali), ma non è accessibile alla controparte.

Le conseguenze per il corretto svolgimento del contraddittorio sono facilmente intuibili: può accadere, infatti, che una parte non sia in condizione di redigere una memoria ex art. 183 sesto comma secondo termine perché non ha avuto ancora accesso alla memoria del primo termine depositata dalla controparte (a causa del tardivo inserimento da parte del cancelliere); oppure (ipotesi meno grave ma sicuramente altrettanto potenzialmente lesiva) che la parte debba redigere la propria seconda memoria disponendo di un termine inferiore ai trenta giorni previsti dall’art. 183 sesto comma c.p.c.

Analoghi problemi possono insorgere con le comparse conclusionali e le memorie di replica: anche in questo caso una parte potrebbe essere costretta a redigere le proprie memorie di replica usufruendo di un termine inferiore ai venti giorni previsti dall’art. 190 c.p.c.

Si tratta di problemi concreti che, com’è facilmente intuibile, possono influire in modo anche determinante sul corretto contraddittorio, sicché appare indispensabile trovare un “correttivo” che ristabilisca la normale dialettica processuale.

Una soluzione al problema potrebbe essere rappresentata dal ricorso all’istituto della rimessione in termini prevista dal secondo comma dell’art. 153 c.p.c.: la parte che non si trova in condizione di rispettare i termini perentori a causa del ritardo nella disponibilità dell’atto avversario potrebbe, pertanto, depositare le proprie memorie entro il termine fissato dalla legge, facendolo decorrere, però, dal momento in cui l’atto avversato sia stato materialmente inserito nel fascicolo telematico ed inserendo nella propria memoria un’istanza ex art. 153 c.p.c. con la quale deduca la non imputabilità della decadenza a causa del tardivo inserimento nel fascicolo dell’atto di controparte.

Ci si rende conto che siffatta soluzione si appalesa estremamente macchinosa ed apre una serie ulteriore di problemi, legati al rispetto dei termini per l’eventuale deposito di ulteriori memorie anche dalla controparte (in sostanza, infatti, si potrebbe verificare uno “slittamento” generale di tutti i termini): tuttavia non è possibile sottacere l’importanza del problema evidenziato e la necessità di trovare soluzioni che garantiscano il corretto contraddittorio tra le parti.

In tale prospettiva, sarebbe opportuno sollecitare una modifica normativa che consenta, ad esempio, di computare i termini per il deposito di tutte le repliche o memorie “derivate” da atti della controparte dal momento in cui gli atti presupposti risultino concretamente inseriti nel fascicolo telematico in tutti i casi in cui l’inserimento sia successivo alla scadenza del termine e così divenendo necessario rendere visibile anche la data di effettiva registrazione dell’atto nel fascicolo telematico.

Tale meccanismo provocherebbe sicuramente uno “sdoppiamento” dei termini (nel senso che, per il depositante, il termine sarebbe rispettato al momento della generazione della ricevuta di avvenuta consegna mentre, per la controparte, il termine per le repliche o le memorie “derivate” decorrerebbe dal momento della materiale acquisizione dell’atto presupposto nel fascicolo telematico), ma tale istituto non è sconosciuto al nostro ordinamento, essendo ormai da tempo vigente ed applicato in materia di notifiche, per le quali si distingue tra la consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario (momento determinante per il notificante) e la materiale ricezione dell’atto da parte del notificato (momento dal quale cominciano a decorrere i termini per quest’ultimo).

Altro problema che si pone è la costituzione in giudizio o il deposito di una memoria effettata il pomeriggio prima dell’udienza ovvero non ancora “comparsa” nel fascicolo telematico il giorno prima dell’udienza, con palese violazione del contraddittorio. Però tale ultimo rilievo è rimesso alla discrezionalità del giudice che non sempre consente un rinvio per l’esame. Allora forse sarebbe opportuno e necessario procedere ad una modifica legislativa che imporrebbe in ogni caso che la costituzione in udienza –non cartacea- non possa che avvenire almeno cinque giorni prima dell’udienza stessa e la cui violazione, se eccepita dalla controparte, comporterebbe inderogabilmente un rinvio per l’esame e le controdeduzioni, e così pure per il deposito “in udienza”, ove consentito, di  una eventuale memoria difensiva.

Accanto ai riferiti problemi, che involgono questioni processuali relative alla instaurazione del corretto contraddittorio e che sono connessi alle modalità operative del processo telematico, si ritiene, da ultimo, utile segnalare alcune ulteriori difficoltà connesse a certi tipi di software utilizzati per il deposito telematico degli atti.

È notorio che in alcuni casi possa accadere che il debitore proponga opposizione all’esecuzione ex art. 615 comma 2 od opposizione agli atti esecutivi in un momento anteriore all’iscrizione a ruolo del pignoramento da parte del creditore procedente.

Tale possibilità costituisce diretta conseguenza delle modifiche apportate dal D.L. 132/2014, che ha sollevato l’ufficiale giudiziario dall’obbligo di immediato deposito del pignoramento, accollando tale incombente al creditore, e costituisce la regola in alcuni tipi di esecuzione, come quella per consegna o rilascio, ovvero per i pignoramenti presso terzi promossi ai sensi dell’art. 72 bis del DPR 602/1973, nei quali il deposito dinanzi al G.E. è addirittura escluso.

In tali casi, si assiste alla proposizione di una opposizione che viene depositata dinanzi al G.E. prima ancora che quest’ultimo sia nel materiale possesso dell’atto opposto e prima ancora che sia instaurato un procedimento esecutivo con un proprio numero di ruolo.

Sotto il profilo operativo, in tali casi l’opponente si trova nella necessità di iscrivere a ruolo un’opposizione avverso una esecuzione che non è rubricata dinanzi al G.E. e della quale il predetto giudice non sa nulla, non essendo stati depositati nella sua cancelleria gli atti ad essa relativi.

Ora, diversi software applicativi per l’iscrizione a ruolo telematica di tale tipi di procedimenti impongono, per i casi di opposizione all’esecuzione ex 615 secondo comma c.p.c., o di opposizione agli atti esecutivi, di indicare il numero di ruolo dell’esecuzione opposta.

In tali ipotesi il debitore – opponente non è in grado di indicare alcun numero di ruolo, non essendo stato effettuato, da parte del creditore procedente, come detto, alcun deposito.

In questi casi, al fine di consentire, comunque, l’instaurazione del procedimento (e fermo restando l’onere per l’opponente di depositare, unitamente all’opposizione, l’atto opposto), occorrerà “forzare” il sistema, indicando magari un numero di ruolo fittizio, salvo poi intervenire personalmente con il cancelliere, spiegandogli la situazione e facendogli accettare il deposito.

Si tratta, all’evidenza, di soluzioni artigianali, che, pur risolvendo il singolo problema, sono sostanzialmente rimesse alla buona volontà del cancelliere e dell’avvocato.

In tali casi, sarebbe opportuno che venissero stilati, di concerto tra i vari Consigli dell’Ordine degli avvocati, i Presidenti delle sezioni interessate e gli organi amministrativi apicali, dei protocolli volti a creare una prassi generalizzata destinata a superare le riferite difficoltà, consentendo un comportamento uniforme a tutti gli avvocati.

 

                                                                       Gabriella Lamicela

                                                       Presidente Distrettuale AFNI Catania