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-GABRIELLA LAMICELA* -COA CATANIA: A VOLTE TORNANO.

Alcuni (pochi, per la verità) anni orsono, uno sparuto gruppetto di Colleghi decise di partecipare all’assemblea convocata dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Catania per l’approvazione dei bilanci consuntivo e preventivo.

I Colleghi (e stiamo parlando di professionisti che, nella quasi totalità, vantavano un’anzianità superiore al ventennio), gran parte dei quali associati all’AFNI, avevano esaminato alcuni documenti e, decidendo di violare la pluriennale prassi (tanto insulsa quanto mortificante, per la quale l’approvazione del bilancio costituisce evento privo di alcun interesse, e viene quindi disertato dai più), avevano deciso di partecipare all’assemblea per formulare, pubblicamente, i propri rilievi e le relative perplessità.

Giova precisare, a questo punto della narrazione, che alcune delle questioni che i Colleghi avevano deciso di sollevare attenevano a temi “politici”: si trattava, in sostanza, di contestare alcune scelte fatte dal Consiglio dell’Ordine, che non apparivano oggettivamente giuste.

Una di esse, tuttavia, rivestiva un carattere estremamente più grave, in quanto evidenziava l’assunzione di comportamenti indubbiamente illegittimi da parte del Consiglio dell’Ordine, assunti su specifiche (quanto anch’esse illegittime) richieste formulate dal Consiglio Nazionale Forense.

Chi scrive sa perfettamente che, in materia di bilanci (e, più in generale, in tutti i casi in cui si discute di “maneggio” di denaro) il termine “illegittimo” può assumere colorazioni particolarmente fosche, lasciando, al lettore poco attento, l’impressione che si parli di indebite appropriazioni di somme o, comunque, di illecite destinazioni di fondi: tuttavia, il caso che si intendeva sollevare non rientrava in questa categoria, in quanto, in sostanza,  non si imputava ai componenti del Consiglio alcuna illecita percezione o destinazione di somme.

Il punto, invece, come direbbe un giurista, era costituito da comportamenti che si ponevano in aperto ed insanabile contrasto con specifiche disposizioni regolamentari.

La questione, infatti, nasceva dalla circostanza per la quale, pochi anni prima (e precisamente durante lo svolgimento dei lavori del Congresso Nazionale Forense di Rimini) il Consiglio Nazionale Forense, aveva espressamente deliberato le modalità attraverso le quali, per il futuro, sarebbero stati sostenuti e distribuiti i costi necessari per lo svolgimento del Congresso Nazionale.

Il meccanismo (sancito all’art. 7) non era particolarmente complesso (probabilmente l’avrebbe capito anche un avvocato alle prime armi, ben lontano, per anzianità e saggezza, dai componenti del supremo organo rappresentativo dell’Avvocatura di tutta l’Italia), e prevedeva che tali costi sarebbero stati sostenuti … dal Consiglio Nazionale Forense (mi scuso per l’uso del corsivo, che riporta in modo testuale la disposizione, ma si tratta di una deformazione professionale che, ormai, permea le abitudini espressive di chi scrive).

Naturalmente, i suddetti costi sostenuti dal CNF non sarebbero potuti gravare, in via definitiva, su quest’organo (notoriamente sprovvisto di adeguate disponibilità economiche, al netto dei rimborsi, dei gettoni di presenza e di quegli ulteriori – ma importantissimi – ammennicoli economici riconosciuti ai suoi componenti, al Presidente ed agli altri appartenenti all’Ufficio di Presidenza e delle spese necessarie a finanziare un giornale il cui numero di lettori, probabilmente, starebbe comodamente all’interno di una stanza di modeste dimensioni): sicché, al comma 6 del citato articolo 7, si precisava che il CNF avrebbe tenuto conto delle spese sostenute per l’organizzazione e lo svolgimento del Congresso Nazionale, ai fini della determinazione della misura del contributo annuale dovuto dagli Avvocati iscritti negli Albi e negli elenchi … che gli Ordini Circondariali provvedono a contabilizzare e riscuotere ….

Il meccanismo così delineato, assumeva un valore particolarmente pregnante non solo in ordine alla modifica procedimentale per il sostenimento delle spese, ma, soprattutto, perché operando in questo modo, il costo del Congresso Nazionale Forense (massima assemblea degli Avvocati) sarebbe stato distribuito sulla scorta di una consuntivo delle spese effettivamente affrontate e sarebbe venuto a gravare su tutti i Consigli Circondariali, ivi compresi quelli che avessero deciso di non inviare alcun delegato, e determinato tenendo conto degli effettivi iscritti presso ciascun Consiglio.

È evidente, infatti, che l’importanza generale del Congresso Nazionale è talmente rilevante che i costi per il suo svolgimento devono necessariamente essere distribuiti tra tutti i Consigli Circondariali (e, in ultima battuta, sui ogni avvocato), indipendentemente dal fatto che decidano o meno di inviare loro delegati.

Tornando alla vicenda oggi in esame, i Colleghi, affrontando una delegazione di Consiglieri palesemente infastidita dall’intervento, avevano rilevato che, contrariamente a quanto normativamente fissato, il Consiglio dell’Ordine aveva anticipatamente erogato le somme necessarie per lo svolgimento del Congresso, sulla base di una richiesta, effettuata, a monte, dal CNF, con la quale veniva imposto un contributo una tantum degli Ordini. Peraltro, la misura di tale contributo gravante sui singoli Ordini Circondariali era stata determinata per scaglioni di iscritti, e non applicando, come voleva la legge, una quota per ciascun iscritto.

Come detto, il rilievo venne accolto con sufficienza e distacco dai Consiglieri presenti all’assemblea e, com’era prevedibile – vista la preponderante presenza di Colleghi acriticamente governativi – gli intervenuti approvarono il bilancio; la questione venne a stento verbalizzata e si esaurì in quella sede.

Quello che però colpì (e ferì profondamente) gli incauti Colleghi che avevano sollevato la questione, furono le giustificazioni addotte dai Consiglieri: nessuno sostenne possibili (anche se improbabili) diverse interpretazioni della normativa; nessuno seppe contrastare con dotte argomentazioni giuridiche i rilievi formulati; quello che si disse, sostanzialmente, fu che, per prassi, le cose erano sempre andate così!

Inutile dire come tale affermazione sia sideralmente lontana da quelle che sarebbe lecito aspettarsi dai Consiglieri dell’Ordine che, eletti dagli iscritti tra i più saggi (o, almeno, così si spera), dovrebbero conoscere le norme e la loro gerarchia nonché l’assoluta inconducenza ed irrilevanza di prassi illegittimamente perpetrate. 

Le vicende successive a quella delibera sono ben note: nel corso delle successive elezioni al Consiglio dell’Ordine, la composizione dell’Organo (anche a seguito della soluzione della questione relativa alla illegittimità del triplo mandato) è stata profondamente mutata, lasciando ampio spazio a moltissimi Colleghi che, della guerra alla cattiva gestione economica del precedente Consiglio, avevano fatto la loro bandiera.

A questo punto, per un lettore ottimista, sarebbe lecito sperare che la illegittima prassi sopra delineata avesse i giorni contati.

In un impeto di orgoglio legalitario (si potrebbe immaginare il lettore) il nuovo Consiglio non si sarebbe più piegato alle illegittime richieste del Consiglio Nazionale Forense, ma anzi avrebbe coraggiosamente proposto una battaglia legalitaria per portare la situazione a coerenza con le disposizione vigenti.

Purtroppo, però, la realtà è ben diversa ed infinitamente peggiore.

In vista del prossimo Congresso Nazionale, il CNF ha inviato, il 16.06.2021, una nota esplicativa ai vari Consigli Territoriali.

Il contenuto di tale nota, in relazione alle questioni sopra evidenziate è il seguente: Con riferimento ai costi della Sessione ulteriore del Congresso, questi ultimi potranno essere sostenuti da questo Consiglio, acquisendo preliminarmente le risorse economiche necessarie.

Preso atto delle quote versate dagli Ordini in occasione del Congresso di Catania e considerato che i lavori congressuali della Sessione ulteriore si svolgeranno in una giornata e mezza, il Comitato ha deciso di dimidiare le quote illo tempore determinate e di indicare agli Ordini i seguenti importi, suddivisi per scaglioni contributivi così individuati, in ragione del numero degli iscritti all’Albo tenuto da ciascun Consiglio:

  1. a) da 100 a 500 iscritti € 750,00
  2. b) da 501 a 1.500 iscritti € 1.500,00
  3. c) da 1.501 a 3.000 iscritti € 4.000,00

In sostanza, il CNF (afflitto da problemi infinitamente più gravi) ha ritenuto, ancora una volta, di continuare ad imporre la prassi illegittima sulla quale ci si è precedentemente soffermati.

Il nostro Consiglio dell’Ordine, invece di sollevare la questione della illegittimità della prassi ancora una volta indebitamente applicata dal CNF, ha taciuto: non risulta adottata alcuna delibera e, cosa ancora più grave, pare che nessun consigliere abbia rilevato o eccepito la assoluta illegittimità del nuovo dictat del CNF.

Tale modo di procedere è francamente scoraggiante: sul punto è indispensabile chiarire che la questione delle modalità e di erogazione delle spese per il Congresso Nazionale Forense, non attiene ai profili “politici” dell’attività svolta dal Consiglio dell’Ordine: in questo caso, infatti – pur con le perplessità derivanti dalla circostanza che concetti come minoranza o maggioranza o, ancora peggio, opposizione mal si attagliano all’attività demandata ai Consigli territoriali – si sarebbe potuto (faticosamente) sostenere che sarebbe stato compito dei Consiglieri d’opposizione sollevare il problema della contribuzione al Congresso.

Invece, nel caso specifico, si trattava (e si tratta) di una questione di mera legalità, e nessuno può ritenersi esentato dall’obbligo di evitare comportamenti e provvedimenti illegittimi: anzi, un intervento apicale del Consiglio dell’Ordine sulla questione sarebbe stato (ed è ancora oggi) auspicabile.

Se questi sono i termini della questione (e, francamente, chi scrive, forse per propri limiti personali, non riesce a vederne altri), è lecito sostenere che, al di là della materiale composizione del Consiglio dell’Ordine, certe questioni vengono affrontate sempre nello stesso modo, come se in quell’organo si trovassero ancora seduti i vecchi componenti, l’eco delle cui affermazioni (riflessioni mi sembra un termine troppo elevato) rimbomba ancora oggi.

C’è veramente materiale sufficiente a far cadere le braccia e, probabilmente (ma si tratta di una mera illazione) il suddetto modo di affrontare l’espletamento del mandato di Consigliere ha provocato il profondo dissenso di alcuni (pochissimi, per la verità) e le dimissioni di altri consiglieri, che pure avevano riscosso, in sede di elezione, notevoli consensi.

Parafrasando il titolo di un film, si può tristemente affermare che “A volte tornano”.

                *Presidente dell’AFNI di Catania