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Associazione Forense Nazionale Italiana

Nota a Cassazione 24/5/2022 n. 16797 Morte della parte. Decorrenza termini per l’interruzione del processo in udienza cartolare

La Corte di Cassazione, nell'ordinanza in commento, ha statuito il seguente principio di diritto: " l'evento l'evento della morte della parte costituita, che sia dichiarato in udienza nella specie, mediante nota scritta scambiata e depositata in telematico nell'ambito dello svolgimento dell'udienza in forma cartolare, secondo le modalità previste dalle disposizioni per l'esercizio dell'attività giurisdizionale nella vigenza dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 -, produce, ai sensi dell'art. 300 c.p.c., comma 2, l'effetto automatico dell'interruzione del processo dal momento di tale dichiarazione, e il conseguente termine per la prosecuzione o riassunzione, come previsto dall'art. 305 c.p.c., decorre dal momento in cui interviene la dichiarazione del procuratore nei confronti delle altre parti, senza che abbia alcun rilievo, a tal fine, il momento nel quale venga adottato il successivo provvedimento giudiziale dichiarativo dell'intervenuta interruzione, avente natura meramente ricognitiva.”Ferma la correttezza del rilievo che il termine non decorre dal momento della dichiarazione di interruzione del processo fatta dal giudice  (come previsto dall'art. 300 c.p.c., 2°c.) riteniamo però che la Corte abbia espresso un principio che determina un macroscopico equivoco laddove fa decorrere il termine " ...

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PCT E VERITA’ DELLE DATE

    Nell’ottica di una propositiva collaborazione per il miglior funzionamento del PCT, che si è mostrato un valido supporto per l’attività forense – soprattutto nel campo del processo civile - l’A.F.N.I. Le chiede di intervenire sui competenti uffici, in particolare sul DGSIA,  rilevando: la necessità che nel fascicolo telematico venga inserita una colonna ove si mostri il giorno e l’orario in cui il Cancelliere o il funzionario addetto ha realmente reso visibile lo scritto o i documenti prodotti dalla parte specialmente da quando sono stati assegnati termini ad horas dai giudici alle parti (che così mai sapranno se l'altra ha tempestivamente ad horas provveduto). Allo stato viene indicata solo la data in cui il deposito è stato effettuato anche se ciò è stato reso visibile solo giorni dopo il che comporta una errata informazione al giudice ed una erosione dei termini per la parte la quale, eventualmente, debba replicare entro un certo numero di giorni. Ma ciò comporta, talvolta, non solo che l’avvenuto deposito di una costituzione al giudice risulti avvenuta prima dell’udienza quando in realtà è avvenuta dopo la celebrazione dell’udienza e pregiudicando il diritto di difesa dell’attore ovvero, nella migliore delle ipotesi, prolungando i tempi del processo per la rimessione in termini. andrebbe impedito – oppure segnalato appositamente e tempestivamente dalla cancelleria per esempio con la dicitura ”deposito tardivo” – il deposito tardivo di note o memorie avvenuto oltre il termine assegnato dal giudice (il quale potrebbe non accorgersene). Ciò si ritorce contro la parte che lealmente ha proceduto al deposito e premia – con evidente violazione del diritto di difesa – la parte che, slealmente, deposita dopo aver preso visione della difesa avversaria. Peraltro, essendo tali termini (in particolare quelli assegnati per la trattazione cartolare dell’udienza) non perentori la parte non leale non subisce alcun pregiudizio a discapito dell’altra parte. Forse, su tale ultimo profilo,  potrebbe essere interessante anche un approfondimento sulla rilevanza disciplinare di tale comportamento. Basterebbe poco per “affinare” il sistema e renderlo più giusto ed efficiente...

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-GABRIELLA LAMICELA* -COA CATANIA: A VOLTE TORNANO.

Alcuni (pochi, per la verità) anni orsono, uno sparuto gruppetto di Colleghi decise di partecipare all’assemblea convocata dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Catania per l’approvazione dei bilanci consuntivo e preventivo. I Colleghi (e stiamo parlando di professionisti che, nella quasi totalità, vantavano un’anzianità superiore al ventennio), gran parte dei quali associati all’AFNI, avevano esaminato alcuni documenti e, decidendo di violare la pluriennale prassi (tanto insulsa quanto mortificante, per la quale l’approvazione del bilancio costituisce evento privo di alcun interesse, e viene quindi disertato dai più), avevano deciso di partecipare all’assemblea per formulare, pubblicamente, i propri rilievi e le relative perplessità. Giova precisare, a questo punto della narrazione, che alcune delle questioni che i Colleghi avevano deciso di sollevare attenevano a temi “politici”: si trattava, in sostanza, di contestare alcune scelte fatte dal Consiglio dell’Ordine, che non apparivano oggettivamente giuste. Una di esse, tuttavia, rivestiva un carattere estremamente più grave, in quanto evidenziava l’assunzione di comportamenti indubbiamente illegittimi da parte del Consiglio dell’Ordine, assunti su specifiche (quanto anch’esse illegittime) richieste formulate dal Consiglio Nazionale Forense. Chi scrive sa perfettamente che, in materia di bilanci (e, più in generale, in tutti i casi in cui si discute di “maneggio” di denaro) il termine “illegittimo” può assumere colorazioni particolarmente fosche, lasciando, al lettore poco attento, l’impressione che si parli di indebite appropriazioni di somme o, comunque, di illecite destinazioni di fondi: tuttavia, il caso che si intendeva sollevare non rientrava in questa categoria, in quanto, in sostanza,  non si imputava ai componenti del Consiglio alcuna illecita percezione o destinazione di somme. Il punto, invece, come direbbe un giurista, era costituito da comportamenti che si ponevano in aperto ed insanabile contrasto con specifiche disposizioni regolamentari. La questione, infatti, nasceva dalla circostanza per la quale, pochi anni prima (e precisamente durante lo svolgimento dei lavori del Congresso Nazionale Forense di Rimini) il Consiglio Nazionale Forense, aveva espressamente deliberato le modalità attraverso le quali, per il futuro, sarebbero stati sostenuti e distribuiti i costi necessari per lo svolgimento del Congresso Nazionale. Il meccanismo (sancito all’art. 7) non era particolarmente complesso (probabilmente l’avrebbe capito anche un avvocato alle prime armi, ben lontano, per anzianità e saggezza, dai componenti del supremo organo rappresentativo dell’Avvocatura di tutta l’Italia), e prevedeva che tali costi sarebbero stati sostenuti … dal Consiglio Nazionale Forense (mi scuso per l’uso del corsivo, che riporta in modo testuale la disposizione, ma si tratta di una deformazione professionale che, ormai, permea le...

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DEMOCRAZIA, NUMERI E QUALITÀ: INTERVIENE IL PROF. UGO VILLANI

  DEMOCRAZIA, NUMERI E QUALITÀ: INTERVIENE IL PROF. UGO VILLANI: Avevo proposto una riflessione rilevando che il livello della politica oggi è più che "molto scarso" ed è, drammaticamente, la causa di tutti i mali . Se non fosse stato cosi oggi non saremmo a questo punto. Va rivisto il criterio della rappresentatività numerica rispetto alla necessaria qualità della rappresentanza eletta. È inutile nasconderlo ma occorre adottare dei correttivi che consentano di avere rappresentanti eletti democraticamente ma che siano in grado, ovvero abbiano la capacità e la competenza, di gestire la cosa pubblica per rappresentare degnamente ed autorevolmente, ai più alti livelli, l'Italia. Credo sia arrivato il momento di aprire il dibattito soprattutto fra i nostri costituzionalisti. Avv. Enrico Calabrese, Presidente Nazionale AFNI   All'appello non si è sottratto il Prof. Ugo Villani, fra l'altro, Professore emerito di Diritto internazionale, Università di Bari “Aldo Moro”, e Professore di Diritto dell’Unione europea, LUISS “Guido Carli” Roma. Il Prof. Ugo Villani interviene nel dibattito provocato, con l'autorevolezza e la chiarezza a Lui consueti.   Illustre e caro Presidente, sarebbe difficile dissentire dalla tua lucida analisi. Forse mai, nella storia repubblicana italiana, il livello della politica – e, principalmente, della classe politica – è stato così basso. Senza generalizzare, beninteso, nell’attuale legislatura non sono pochi i Parlamentari, anche in posizioni di responsabilità nelle Commissioni, il cui curriculum richiama i “dilettanti allo sbaraglio” della indimenticabile Corrida di Corrado. Persino nei due Governi Conte taluni Ministri si sono messi in luce solo per la scarsa competenza o per bizzarre dichiarazioni. Il basso grado di competenza si riflette anzitutto sulla qualità della legislazione, tra l’altro consistente in larga misura in decreti legge, che hanno più volte destato le preoccupazioni del Presidente della Repubblica. Purtroppo l’attuale classe politica rivela altresì una diffusa mancanza di cultura e di formazione politica. Se, ai tempi della prima Repubblica, poteva forse rimproverarsi ai politici di essere condizionati dalle “ideologie” (che implicavano, comunque, una visione e un disegno di progresso sociale), oggi l’assenza di riferimenti “ideali” favorisce operazioni di trasformismo motivate dal solo intento di conservare una quota di potere, se non, più banalmente, il proprio scranno parlamentare, soggetto a seri rischi in una futura competizione elettorale (tra l’altro in un Parlamento fortemente decurtato dalla riforma costituzionale). Credo che una carente coscienza politica sia in parte responsabile delle alleanze, apparentemente innaturali, tra formazioni dichiaratamente contrapposte che si sono realizzate dapprima nel Governo “giallo-verde”, successivamente nel disinvolto passaggio a quello “giallo-rosso” (restando immutato...

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Ripartizione delle spese condominiali per i costi del riscaldamento. La sentenza della Cassazione n. 28282 del 04.11.2019. Una conclusione aberrante.

Sulla ripartizione delle spese condominiali per i costi del riscaldamento Commento alla sentenza della Cassazione n. 28282 del 04.11.2019.   Con la sentenza in oggetto la Suprema Corte affronta il problema dei criteri in base ai quali, in sede condominiale, si devono ripartire le spese afferenti al servizio di riscaldamento. Nel caso esaminato, il condominio resistente era munito di misuratori idonei a determinare il consumo di ciascuna unità immobiliare e, in sede di assemblea, aveva deliberato di ripartire i costi del servizio per il 50% in base ai consumi accertati e per il restante 50% applicando la scala millesimale. La Cassazione, dopo aver richiamato le disposizioni di cui agli artt. 26 comma 5 della L. 10/1991 (applicabile alla fattispecie ratione temporis) e 9 comma 5 del decreto legislativo 102/2014, conclude per la dichiarazione di nullità della delibera, perché assunta in violazione di legge. In particolare, secondo il Supremo Consesso, la prima delle disposizioni richiamate – per la quale le delibere relative all’adozione di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore e per il conseguente riparto degli oneri di riscaldamento in base al consumo effettivamente registrato possono essere assunte con le maggioranze previste dal secondo comma dell’art. 1120 del codice civile – determinerebbe l’obbligo in capo ai condomini di ripartire le spese per l’erogazione del servizio, in presenza di dispositivi a ciò deputati, secondo i consumi registrati, con esclusione, quindi, della possibilità di ricorrere a criteri diversi quale quello, ad esempio, delle scale millesimali. Tale obbligo sarebbe, altresì, confermato dal citato articolo 9 comma 5 del D. L.vo 102/2014, che, al fine di favorire il contenimento dei consumi energetici attraverso la contabilizzazione dei consumi di ciascuna unità immobiliare e la suddivisione delle spese in base ai consumi effettivi, ha reso obbligatoria l’installazione di sotto contatori destinati a misurare i consumi dell’effettivo consumo di calore o di raffreddamento o di acqua calda per ciascuna unità immobiliare. In sostanza, pertanto, le disposizioni richiamate darebbero luogo ad un obbligo a carico dei condomini di suddividere le spese per il riscaldamento esclusivamente in base ai consumi registrati da ciascuna unità immobiliare, con esclusione della possibilità di adottare qualsiasi criterio diverso. Sulla scorta di tali elementi la Cassazione afferma il seguente principio di diritto: Le spese di riscaldamento centralizzato di un edificio in condominio, ove sia stato adottato un sistema di contabilizzazione del calore, devono essere ripartite in base al consumo effettivamente registrato, risultando perciò illegittima una suddivisione di tali oneri operata, sebbene in...

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IMPUTATO PER SEMPRE….FINE PROCESSO: MAI! Avv. Luca Andolina*- Avv. Enrico Calabrese*

COORDINAMENTO NAZIONALE DELLE ASSOCIAZIONI FORENSI ASSOCIAZIONE FORENSE NAZIONALE ITALIANA IMPUTATO PER SEMPRE: E se l'imputato fossi tu? Brevi considerazioni sulla riforma della prescrizione ed il processo penale "eterno" L'attenzione politica riservata nei confronti della prescrizione del reato, lungi dall'essere "costituzionalmente orientata" al fine di garantire - a vantaggio di tutte le parti - la ragionevole durata del processo, sta percorrendo una pericolosa deriva populista, basata sulla disinformazione e sull'incapacità di risolvere i reali problemi della giustizia italiana.La declaratoria di intervenuta prescrizione del reato è di certo l'ammissione di un fallimento da parte del sistema giudiziario, che - nonostante il decorso di un congruo tempo massimo prefissato dalla legge - non è stato in grado di addivenire ad una pronuncia definitiva sul merito di una vicenda penale.Se ciò è vero - ed è innegabile - sarebbe allora opportuno interrogarsi sulle ragioni per le quali il sistema non ha funzionato e cercare di porvi rimedio: ci riferiamo, anche alla luce dei recenti dati di ricerca UCPI-EURISPES sulle cause di rinvio nel processo penale, alla drammatica carenza di organico dei Magistrati, agli errori degli uffici di segreteria nella citazione dell'imputato o dei testimoni per l'udienza, all'eccessività dei carichi del ruolo, ai diversi problemi logistici ai quali quotidianamente noi Avvocati che viviamo in Tribunale (e non in un'aula del Parlamento) assistiamo (come i malfunzionamenti degli apparecchi di trascrizione o il superamento degli orari sindacali del personale di cancelleria).Abolire la prescrizione dopo il primo grado di giudizio non significa risolvere tali problemi: significa legittimarli, affermando con superba indifferenza che allo Stato non importa che il sistema giudiziario funzioni "male", e, in ultima analisi, ponendo (o “imponendo”) il costo di tali malfunzionamenti sulle spalle del cittadino, malcapitato utente del sistema “giustizia”.E per cittadino, si intenda, facciamo riferimento tanto agli imputati quanto alle parti civili.Un imputato, colpevole o innocente che sia, ha diritto ad essere giudicato in tempi ragionevoli.Che valenza rieducativa potrà mai avere (e quindi come potrà mai dirsi conforme a Costituzione) una pena che raggiunga il colpevole a lunghissima distanza dal fatto commesso, magari dopo un avanzato reinserimento sociale?L’eventuale condanna colpirà, dopo tanto tempo, una persona diversa, forse totalmente diversa, magari migliore ed innocua, da quella che commise il reato, per esempio quindici o venti anni prima.Che “successo” sarà mai per l'innocente vedere pronunciata una sentenza assolutoria dopo aver trascorso anni all'ombra di un sospetto che ha distrutto le sue relazioni sociali, familiari, imprenditoriali? Nessuna legge Pinto potrà mai...

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L’obbligo di trasparenza per i CC.OO.AA.  Avv. Antonino Ciavola* e Avv.  Giovanni Ingrascì**

L’obbligo di trasparenza per i Consigli dell'Ordine degli Avvocati.                     Avv. Antonino Ciavola* e Avv.  Giovanni Ingrascì**   1 – Natura giuridica dei CC.OO.AA.   La questione relativa alla natura giuridica dei Consigli dell’Ordine degli Avvocati ha trovato una definitiva soluzione normativa con l’art. 24 comma 3 della L. 247/2012, per il quale “Il CNF e gli ordini circondariali sono enti pubblici non economici a carattere associativo istituiti per garantire il rispetto dei principi previsti dalla presente legge e delle regole deontologiche, nonché con finalità di tutela della utenza e degli interessi pubblici connessi all'esercizio della professione e al corretto svolgimento della funzione giurisdizionale. Essi sono dotati di autonomia patrimoniale e finanziaria, sono finanziati esclusivamente con i contributi degli iscritti, determinano la propria organizzazione con appositi regolamenti, nel rispetto delle disposizioni di legge, e sono soggetti esclusivamente alla vigilanza del Ministro della giustizia.”. La disposizione richiamata, nella sua chiarezza, evidenzia aspetti meritevoli di approfondimento che servono a comprendere la portata di altre norme e, soprattutto, di quelle relative agli obblighi di trasparenza. In particolare, nella prospettazione del legislatore, si osserva la consapevolezza che il corretto esercizio della professione forense costituisce un valore per l’intera collettività e sia quindi necessario garantirne il regolare svolgimento nei confronti di tutti i soggetti. Si realizza, in questo modo, un ampliamento soggettivo ed oggettivo delle funzioni dei CCOOAA, chiamati a sostenere il rispetto dell'interesse non solo degli avvocati, ma anche quello generale di tutti gli utenti del servizio e, sotto il profilo oggettivo, a tutelare tutti gli interessi pubblici connessi all’esercizio della professione. Altra conseguenza del suddetto inquadramento è l’applicabilità ai CCOOAA della disciplina dettata dalla legge n. 190 del 2012 (in materia di prevenzione e repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione), che trova applicazione in quanto “mediante la tecnica del richiamo alle pubbliche amministrazioni contenuta nell'art. 1, comma 2, d.lg. n. 165 del 2001, la legge n. 190 del 2012 ha esercitato il riferimento ad una elencazione normativa tendenzialmente esaustiva di tutte le possibili categorie di enti pubblici previste nel nostro ordinamento; e in una di tali categorie (quella degli enti pubblici non economici) rientrano, per diretta ed espressa volontà dell'art. 24 della legge n. 247 del 2012, proprio il Consiglio Nazionale Forense e gli Ordini forensi territoriali.”[1] Anche tale disposizione, come si vedrà, gioca un ruolo importante (se non fondamentale) nella determinazione degli obblighi di trasparenza a carico dei CCOOAA e delle conseguenze derivanti dal loro mancato adempimento.   2 – Obblighi costituzionali   La...

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Avvocati, regime forfettario e contraddizioni…come al solito! A cura di: Rag. S. Andronico Dott.ssa C. Rapisarda Rag. S. Severino – Componenti Comitato Scientifico AFNI

L’avvocatura, le sue contraddizioni e gli interessi di pochi… Ci risiamo. Ancora una volta il silenzio dei molti e le urla di pochi fanno apparire contraddittoria l’avvocatura. La protesta di pochi rischia di vanificare una delle poche misure che hanno dato un po’ d’ossigeno alle fasce deboli dei contribuenti, compresi gli avvocati o meglio le fasce deboli degli avvocati. A fronte dell’aumento del limite per poter accedere al regime fiscale “forfettario” le “associazioni professionali” sembrerebbe non abbiano gradito tale scelta. Così alcune “associazioni fra avvocati” incominciano a lamentarsi che tale scelta fiscale comporterebbe una illecita concorrenza sleale (notoriamente in atto con ben più imponente e devastante  consistenza) poiché i beneficiari della norma non incassando l’IVA creerebbero uno scompenso rispetto agli studi associati che invece la devono addebitare ai propri clienti. Magari chi si lamenta oggi è lo stesso che ieri ha invocato misure di sostegno per gli avvocati appartenenti alle fasce deboli. Tutto ciò appare contraddittorio ed autolesionista nei confronti degli interlocutori politici che poi, a ragione, non prestano attenzione alle “mille voci dell’avvocatura”. Va subito precisato che il sistema economico italiano si basa prevalentemente sul mondo delle P.IVA e tra questi  si trovano anche  i professionisti  come  : Avvocati, Ingegneri , Dottori Commercialisti, … Per cercare di arginare la crisi economica che sta colpendo queste attività  lo Stato ha introdotto dei regimi contabili che  aiutato le attività già esistenti e che cercano  far iniziare  nuove attività Questi regimi sono: Il Regime Forfettario  e Le Associazioni Tra Professionisti Il Regime Forfettario modificato con la Legge145 del 30/12/2018 ha introdotto delle novità rispetto al regime introdotto con la legge 190/2014 Regime forfettario fino al 2018 Regime forfettario dal 2019 -        Conseguimento di ricavi o  compensi non superiori a determinate soglie (tra i 25 mila e i 50 mila) variabili a seconda del  codice Ateco dell’attività svolta   -        le persone fisiche che esercitano o che iniziano un’attività d’impesa o arte e professione purchè nell’anno solare precedente hanno conseguito ricavi o compensi fino a 65 mila euro.   -        Il costo complessivo, al lordo degli ammortamenti, di beni mobili strumentali al 31 dicembre non doveva essere superiore a 20 mila euro   -        E’ stato abolito il limite di 20 mila euro per l’acquisto di beni strumentali -        Sostenimento di spese per l’acquisizione di lavoro per importi complessivamente non superiori a 5 mila euro lordi a titolo di lavoro dipendente   -        È  stato abolito il limite di 5 mila euro per i compensi ai dipendenti -        L’imposta sostitutiva (sostituisce l’Irpef, gli addizionali e...

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